Poema religioso e mitologico dei Babilonesi e degli Assiri. Narra come Marduk,
figlio di Ea, divenne il dio nazionale della Babilonia. Il poema fu composto ai
tempi della prima dinastia di Babele (1750 circa a.C.). Gli Assiri lo adottarono
quale loro poema nazionale, benché il dio esaltato fosse Marduk,
divinità babilonese, diversa dal loro dio nazionale Assur. è in
versi ed è diviso in sette tavole. Il poema comincia con la descrizione
dei tempi primevi, quando non esisteva ancora nulla tranne Apsu e Tiamat, i
quali mescolavano insieme le loro acque; furono creati, poi, gli dèi
Lahmu e Lahamu, e da questi discesero le altre divinità, tra le quali
anche i componenti della triade suprema, Anu, Enlil ed Ea. Ea e sua moglie
Damkina generarono Marduk, dotato di qualità straordinarie e di doppia
divinità. Tiamat volle vendicare la morte del marito Apsu, ucciso da Ea,
e preparò la guerra di sterminio contro gli dèi, nominando a
capitano dell'impresa Qingu. Gli dei, spaventati, accettarono il consiglio di Ea
di eleggere a loro capo il giovane Marduk il quale uccise la dea. Con il suo
corpo, Marduk fece il cielo e la terra, iniziando la costruzione dell'universo,
dalle stelle del cielo alle piante, agli animali ed all'uomo, che venne
impastato con argilla e con il sangue di Qingu. Poi egli divise il
pantheon in due schiere, gli Iggi e gli Anunnaki. Gli dei costruirono,
per lui, la Babele celeste, con il tempio di Esaglia. Seguì un grandioso
banchetto, durante il quale il dio supremo del
pantheon tenne un discorso
in onore di Marduk.